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Chi erano i mostri che abitavano le nostre valli

La nostra culturaAnguane e Salbanei

Le Anguane, nelle credenze popolari, erano esseri mitici che si incontravano preferibilmente vicino alle acque e si muovevano di notte andando a lavare i panni presso le fontane, “portando l’acqua con le ceste”. Donne abbastanza indefinite, ora affascinanti e maliarde, con capelli lunghissimi, ora brutte e malvagie a seconda delle necessità del momento. Abitavano in varie cavità naturali (“spurghe” e “busi”) che disseminano i nostri monti. La più famosa delle anguane è Ittele, abitante la Montagna Spaccata sopra S. Quirico.
Venivano usate quale deterrente per tener lontani i bambini dai pericoli: “sta tento, no nar là che ghe se le anguane”.

Altre figure mitiche erano i Salbanei, piccoli folletti dispettosi che si compiacevano di fare scherzi mettendo a soqquadro qualche stanza e, a volte, attorcigliando i capelli dei bambini o i crini dei cavalli. Su di essi, come sull’orco, sulle strie, sui maghi, si raccontavano nelle stalle durante i filò le vicende più fantastiche, gli incontri più impensati. Tutti questi esseri che vivevano abitualmente negli spazi inaccessibili alla comune esperienza e alla diretta conoscenza - nei luoghi più remoti o abbandonati, nelle tenebre della notte, nei fenomeni naturali inspiegabili - non erano per lo più protagonisti di storie vere e proprie, di vicende conchiuse.
Di loro si raccontavano piuttosto le misteriose, ma precise
, circostanze in cui si veniva a contatto. Come si udivano le anguane mentre battevano i panni presso i "Sengi" nelle vicinanze del paese, o nelle grotte nei pressi della contrà Visonà presso Castelvecchio, così le strie stregavano qualcuno che poi aveva bisogno di una fattura per essere guarito, e si scorgevano i salbanèi nel "Buso del Bao" a Castelvecchio. Guai poi se uno metteva il piede, dopo il suono dell'Ave Maria, nella pèca de l' òrco, come era capitato a Guera Sòstre, della contrà Venco di Castelvecchio: si disorientava, e, fino al suono del Padre Nostro del mattino successivo, camminava a vuoto, senza mai muoversi dal posto.

A proposito di orchi, basilischi e altro ancora

Ci potevano essere poi incontri ed episodi con altri esseri fantastici. Se uno, nel tentativo di afferrare per la coda un sèrpe che cercava di fuggire entro i sassi l' avesse staccata, avrebbe trasformato il serpente in uno scorson, un serpente enormemente grosso e pauroso, un essere mostruoso, che più di uno garantiva di avere incontrato e di averne subito il magico potere. Un uomo che andava dai Biceghi ai Visonà era stato accompagnato da una giovane donna che aveva fatto il cammino senza mai mettere i piedi a terra.

Tutti i racconti relativi a questi esseri che, proposti come assolutamente reali, soprattutto nelle sere invernali, alimentavano le paure dei bimbi, quando tornavano poi a casa o andavano a letto fasciati dalle insondabili tenebre, restavano sempre sfuggenti; solo raramente si fissavano in una precisa credenza che ha potuto prender forma in una tràma definita, come è stato fatto per l'òrco del Mución o la " stria " de Musolón.

In un mondo nel quale una delle poche soluzioni per risolvere con un colpo di fortuna il problema del quotidiano combattere con i limiti economici poteva venire dall'inaspettato ritrovamento di un tesoro, come ora si spera nel successo della schedina dei vari totocalcio e superenalotto, non potevano mancare le leggende sulla presenza di favolosi tesori, continuamente cercati dai locali, difesi con ogni mezzo da esseri fantastici, a volte misteriosamente sfuggenti, a volte conquistati e recuperati da estranei, mai comunque da chi li avrebbe meritati. Le più divulgate di queste leggende sono quella del tesoro di Campetto di Marana, costituito da un mucchio di monete portate lassù dai legionari romani (a Campetto furono realmente trovate delle monete romane, probabile indice della presenza di un presidio), e quella del tempio d' oro di Rovegliana. Il Vitello d’oro poi è difeso da spiriti che si rivelano sotto forma di fiammelle e ti circondano se solo ti azzardi ad avvicinarti, fino a sopprimerti e farti diventare un guardiano in più a difesa del tesoro stesso.

Altre storie costruite sulla presenza di favolosi tesori sono quelle legate al Buio del tesoro presso Urbani di Sotto e alla Pegnata del Canéta, della quale il protagonista non riesce a impossessarsi quando arriva al capitello delle Fontanelle presso la Lora perché qualcuno l'ha preceduto, o a una pae (tacchina) d'oro in una caverna presso i Sengi.

Ma ci sono leggende di altro genere, come quelle che cercano di dar ragione della presenza di un toponimo. La più consistente, anche se con versioni diverse, è quella della valle del Boia sopra Campotamaso.

Oramai anche queste credenze sono scomparse, sopraffatte dai quasi inutili e sempre uguali pupazzetti televisivi.

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Campotamaso, comune di Valdagno in provincia di Vicenza. é nella Valle dell’Agno, confina a est con la Valle del Chiampo e a nord oves con la valle del Leogra e con Schio. Dal monte Turigi che lo sovrasta è possibile scorgere lAltopiano di Asiag, Il Pasubio, le Piccole Dolomiti, Marana e MonteFalcone. Il sentiero Braggion è una delle escursioni èiù belle che ci sono nella vallata, dove è possibile percorrere la Valle del Boia, da dove inizia, fino a Turiggi. Le sue tradizioni come le calcare, la Stria, le anguane, i salbanei e racconti antichi ne fanno un piccolo gioiello della Valle dell’Agno..