Nella sua storia, la comunità di Campotamaso può vantare, tra le sue numerose iniziative, l' attività di una fanfara. Il complesso bandistico vede la sua nascita, e la sua fine nel decennio fra il 1930 e il 1940. Contava su una quarantina di iscritti, dei quali solo una ventina erano soliti esibirsi, spesso integrati anche da elementi esterni, provenienti ad esempio dalla più prestigiosa banda Marzotto. Si alternarono a dirigere la nostra fanfara 4 maestri: un Adomilli detto Cioma, Ivo Artuzzi, Giuseppe Longo, e Gino Schivazappa .Concerti della fanfara di Campotamaso venivano richiesti per lo più dagli organizzatori delle vicine sagre paesane. Il gruppo ebbe così modo di esibirsi presso la quasi totalità dei paesi della valle dell'Agno. A seguito di manifestazioni fasciste, uscì più volte dalla vallata per suonare, ad esempio a Vicenza e Rovereto.
La numerosa compagnia strumentale incominciò ad avere problemi nel portare avanti la sua attività con i primi richiamati alle armi. Nel 1936 alcuni elementi dovettero infatti appendere al chiodo i loro strumenti ed imbarcarsi alla volta delle coste africane. Il secondo e decisivo impatto con la realtà della guerra costrinse organizzatori e suonatori a sciogliere il gruppo. Era l'anno 1940.
In precedenza abbiamo parlato dell' attività del coro Parrocchiale. Ma la passione per il canto a Campotamaso non si risolse in quest'unica direzione. La nostra comunità vede nascere nel 1947 un suo coro alpino, chiamato in seguito "Coro Stella Alpina". Assai caratteristico e del tutto particolare il luogo di ritrovo per le prove, almeno nel periodo estivo. Dopo le SS. Funzioni domenicali, il gruppo canoro si radunava sotto i castagni dei Gnagni, a mezza strada tra la VaI del Boia e contrada Lorenzi. L'allora maestro Carmelo Rossato aveva optato per quella scelta logistica per il semplice fatto che egli stesso abitava presso la vicina contrada Vallone Marana e numerosi suoi cantori provenivano dalle contrade alte. Durante l'inverno invece, era scelta una stalla in contrada Fontana. In seguito si pensò bene di chiedere ospitalità per le prove presso un' abitazione di Maso.
Il coro, tra le altre sue uscite, sarà chiamato ad animare la festa per l'inaugurazione della croce sul monte Spitz di Tonezza nel 1950. In quegli anni canterà anche per l'inaugurazione della Villa Alpina sempre di Tonezza, di proprietà dell' associazione ACLI. Con un certo orgoglio si ricorda ancora che nel periodo in cui si svolsero tali manifestazioni, era presidente delle Acli provinciali un certo Mariano Rumor, con il quale il coro ebbe un buon rapporto. Qualcuno dei coristi si fregia di essersi cimentato con lui in una gara di bocce.
ACLI e SEP continuarono per un buon periodo di tempo ad invitare il coro "Stella Alpina" alle loro manifestazioni. Nel 1956 il maestro Rossato emigra in Canada e il coro si scioglie. L'anno successivo rinasce sotto la direzione di Germano Antoniazzi. La stragrande maggioranza di coristi sarà rappresentata da giovani nuovi elementi. L' attività del riproposto coro sarà imperniata sulla falsariga del precedente. Si ricorda con piacere la sua partecipazione all'inaugurazione della Villa Alpina delle ACLI provinciali a Camposilvano di Vallarsa.
Il 25 febbraio del 67, a Cologna Veneta, partecipa alla seconda rassegna di canti di montagna. Il coro si scioglie definitivamente nel 68. Alcuni suoi elementi andranno a rafforzare le fila del coro "Amici dell'Obante".
Inerente all'argomento canoro troviamo assai utile ed interessante la pubblicazione di alcuni canti, raccolti a Campotamaso da Dario Rossato, messi in musica da Carmelo Rossato e rifiniti dal maestro Bepi De Marzi nel lavoro letterario "Civiltà Popolare della Valle dell'Agno".
Dello stesso maestro De Marzi è l' affermazione che una di queste canzoni risale addirittura al periodo medioevale. Ci pregiamo di riportare un commento del maestro inerente alla canzone popolare. "Prima di Vivaldi, il cantare era legato strettamente alle danze improvvisate, alla felicità delle feste che culminavano nella libertà espressiva della gente più allegra. E i bambini imitavano gli adulti con le filastrocche in ritmo misto, che vuoI dire nell' alternanza naturale della scansione in due e in tre movimenti. Un esempio?
"An tan / des fini mani / pes fini / mani coco / les an tan / des". Che è come dire: " due tre / un due tre / un due / un due / un due tre / un".
Dopo Vivaldi e gli altri grandi musicisti del Barocco, compreso Bach per il Centro Europa ( e siamo alla metà del 1700 ) la nuova musica colta esce dalle ville, dai castelli, dalle chiese riservate alla nobiltà, per incontrare anche quel popolo di poveri che fino allora aveva cantato e danzato liberamente. Tutto diventa più rigoroso, più oscuro, fino ai timori delle proibizioni. E, si badi bene, solo per una specie di grottesca (ma comprensibile) imitazione del mondo dei ricchi. Come accade ancora ai giorni nostri "I Poareti, quando i copia i siori, i diventa buratini", dice un proverbio. Ma un altro proverbio, che è una specie di minaccia, ricorda che "el balo xe la porta de l'inferno"
Così, noi, quando ci troviamo davanti a un' espressione popolare, sia essa un canto, una filastrocca, una conta o un proverbio, con una considerazione nemmeno tanto difficile, ma soprattutto dettata dall' analisi ritmica, possiamo ravvisarne l'origine, pur nelle immancabili trasformazioni dei testi che lungo il tempo sono consuetudine popolare. Alcuni ricercatori locali riportano ciò che trovano, ciò che ascoltano, con mano delicata e precisa insieme. E noi non possiamo non gioire davanti a queste rivelazioni che, proprio perchè proposte con sapienza, ci fanno conoscere e capire fantasie di anni lontani, civiltà, modi di vivere, di parlare e di comunicare, di amare, di faticare per vivere, di credere.
Un altro esempio? il canto "Non so cosa a mi me toca", che nella assimmetria delle frasi, vale a dire nella "durata" delle stesse, fa intendere una origine di danza prebarocca, disordinata e felice. Il testo non è certamente quello originale, perché è poco poetico, piuttosto greve e soprattutto "maschilista". Ma questa è un'altra storia."
Bepi De Marzi
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