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il METEO

Le calcare della Val del Boia

Sezione di una CalcaraNella Valle del Boia esistevano due calcare, le costruzioni che servivano a produrre la calce, indispensabile per ottenere la malta, in mancanza di cemento. Ognuna di esse era formata da una struttura circolare in pietra seminterrata, che aveva in basso un'apertura per introdurvi la legna; entro il loro vano si cuocevano i sassi (nella figura si può osservare un disegno tratto dal sito www.mondimedievali.net).
La prima operazione che si doveva compiere per ottenere la calce era quella di procurarsi la materia prima, con la quale lavorare, e cioè i sassi e la legna. Innanzitutto occorreva portare accanto all'impianto i 'sassi bianchi', cioè pietre formate da carbonato di calcio, ricercandoli più o meno vicino. Era un lavoro faticoso che si compiva tutto servendosi della propria forza fisica e giovandosi della slitta o della siliéra (barella a mano). Subito dopo bisognava anche predisporre la gran quantità di legna necessaria da bruciare; finché si poteva si tagliava legna di ginepro (che non era commerciabile), poi si ricorreva ad altra legna accatastandola vicino alla calcara. Per cuocere un'infornata di calce occorrevano all'incirca duemila fascine. Oltre alle fascine occorreva anche predisporre dei lunghi pali, necessari per rimestare le braci (erano chiamati fregoloni), che poi venivano essi pure gettati a bruciare.
Tutto questo lavoro veniva per lo più eseguito durante il periodo invernale, quando c'era maggiore disponibilità di tempo e di manodopera, e allorché era anche permesso il taglio della legna. Coloro che davano un aiuto in questa più onerosa fase preliminare del lavoro venivano retribuiti con qualche sacco di sassi còti
. Si cominciava a questo punto a caricare la calcara. Dapprima si costruiva, a 50-70 cm dal piano di base, un vòlto con gli stessi sassi da cuocere (l' operazione veniva compiuta da un esperto, di solito un muratore) e sopra di esso si riempiva lo spazio esistente con gli altri sassi, avendo cura, però, di lasciar vuoto un anello esterno e, all'interno, alcuni canali di sfiato; il tutto veniva infine coperto con della malta. Terminato questo lavoro, si caricava la legna nella cavità inferiore della costruzione lasciata libera, la si accendeva alimentando continuamente, giorno e notte, il fuoco.
Il processo di cottura durava tre giorni e tre notti. Al terzo giorno incominciavano ad uscire dai canali di sfiato le vampaore(le fiamme), tanto intense che scioglievano anche i sassi mòri e il vetro di qualche bottiglia che vi si fosse gettata. Subito allora qualcuno scendeva in paese a chiamare il prete perché benedicesse la calcara e le sue fiamme 'infernali’, mentre contemporaneamente lo spettacolo delle vampe ruggenti attirava i ragazzi, e talora anche gli adulti, delle contrade vicine Monte, Lorenzi, Case, Vallone Marana; i ragazzi approfittavano dell'incontro, oltre che per vedersi lo spettacolo, anche per giocare e divertirsi.
Dopo i tre giorni di cottura si procedeva alla chiusura sia della bocca attraverso la quale si introduceva la legna, sia degli altri sfiati o fori. Passata ancora una settimana in cui i sassi erano stati lasciati a pipare, cioè a terminare di cuocersi lentamente, si procedeva allo scarico della calcara.
Si racconta che una volta verso la fase conclusiva dei lavori cominciò un forte diluvio accompagnato da raffiche di vento così violente che scoperchiarono il riparo dei calcaroli. Nel comprensibile trambusto che ne seguì il papà di Antonio Visonà, detto 'Cica’, domandò al figlio se avesse avvertito il prete per la rituale benedizione. Avendone ricevuto risposta negativa, papà Bijo (Luigi) si precipitò a Campotamaso, e quando fu di ritorno col prete pioggia e vento cessarono; tutti tirarono un sospiro di sollievo. Non tutti i sassi cotti venivano poi messi nella busa dela calsina per essere trasformati in calce spenta. Alcuni venivano lasciati all'aria finche non si riducevano in polvere, ottenendo in questo modo la calsina gala. Questa veniva adoperata sia mescolata allo zolfo contro l'oidio delle viti, sia per spargerla come disinfettante nelle stalle, soprattutto durante le epidemie del bestiame, sia per tingere di bianco intonaci e travi della casa.

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Designed by Giannino Bertò - Versione 6.0 - Febbraio 2013 - Prima stesura; Agosto 1998

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Campotamaso, comune di Valdagno in provincia di Vicenza. é nella Valle dell’Agno, confina a est con la Valle del Chiampo e a nord oves con la valle del Leogra e con Schio. Dal monte Turigi che lo sovrasta è possibile scorgere lAltopiano di Asiag, Il Pasubio, le Piccole Dolomiti, Marana e MonteFalcone. Il sentiero Braggion è una delle escursioni èiù belle che ci sono nella vallata, dove è possibile percorrere la Valle del Boia, da dove inizia, fino a Turiggi. Le sue tradizioni come le calcare, la Stria, le anguane, i salbanei e racconti antichi ne fanno un piccolo gioiello della Valle dell’Agno..