volte segnata da cesure, traumatiche o meno. Ogni età riceve dal passato una vasta eredità di risultati. Il modellamento dell'area montana, ad esempio, che sta ancora alla base dell'attività agraria, è frutto di un lavoro e di interventi durati molti secoli; questi interventi riflettono i caratteri delle generazioni degli abitanti della zona. Nel nostro caso sono quelli del contadino e del montanaro veneto che, a partire dal Medio Evo, è qui vissuto sotto istituzioni e domini che si sono succeduti; sotto i signori feudali e sotto i Comuni, e in particolare quello vicentino prima, e poi sotto i Padovani, gli Scaligeri, i Visconti, la Repubblica Veneta e, più vicino a noi, sotto l'Austria e lo Stato Unitario.
Non si deve però trascurare di rilevare che fra tutte queste influenze di impronta sostanzialmente latina è venuta ad inserirsi, in tempi abbastanza remoti, una componente di natura chiaramente germanica, dovuta alla presenza dei cosiddetti "cimbri". Non sta evidentemente a noi cercare di definire la dibattuta questione dell'insediamento di questi lavoratori di origine tedesca nel nostro territorio montano, dall'altopiano dei Lessini a quello dei Sette Comuni; noi dobbiamo tener conto della loro eredità ancora notevole in certi settori, come quello della toponomastica e nei cognomi. Ma l'influsso "cimbrico" si nota, ora evidente, ora sfumato e a volte sotterraneo, anche in tanti altri aspetti culturali. Lo possiamo incontrare in certi termini ancora in uso come linte (tiglio), nei nomi di certi manufatti come rìndola, il canale scavato in un tronco d'albero per convogliare l'acqua dalla sorgente all'àbio o làbio ( truogolo), come recùbele, lo strumento di richiamo dal suono cavernoso che evoca cupe tradizioni nordiche. Esso ha lasciato il segno in certe pratiche come la "Chiamata di Marzo", tanto intensamente e spontaneamente vissuta fino alla prima guerra mondiale a Recoaro dove era accompagnata da canti in dialetto cimbrico, o nelle leggende e nelle credenze sugli esseri mitici. Né dobbiamo pensare che esso sia rimasto esclusivo delle aree più marginali. Attraverso quel naturale processo per il quale le famiglie cittadine si rinsanguano grazie all'apporto dei più robusti innesti che vengono dai campi e dal monte, esso è penetrato e ha lasciato impronte fin nel centro cittadino e nelle classi borghesi.
Contemporaneamente, per esigenze di crescita demografica, è avvenuto un importante modellamento dell’ambiente, che oggi è possibile riconoscere attraverso vecchi manufatti, dove si riconosce lo sforzo notevole fatto dalle genti della vallata per rubare alcune porzioni di terreno alla natura selvaggia atte a produrre più alimenti in grado di sfamare la popolazione che pian piano aumentava. I vecchi cascinali di montagna costruiti per rimanere più vicini possibile ai luoghi di ”produzione” e le vecchie masiére stanno ancora a testimoniare questi tentativi.
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